Non bastava la morte di Dio e la crisi delle certezze per il mondo Occidentale, ci mancava solo che i tedeschi – e che tedeschi – scoprissero, un bel giorno, che anche loro in fondo sono un po’ italiani.
Già perché se un 18 settembre qualsiasi l’EPA (Agenzia Federale Statunitense per la protezione dell’ambiente) si accorge, dopo approfondite analisi, che il colosso tedesco Volkswagen installa sulle proprie automobili un software che, analizzando la posizione dello sterzo, le variazioni della velocità e altri dati, riesce a “riconoscere” se la macchina si muove su strada o sui rulli di un laboratorio, e in quest’ultimo caso, interviene su alcuni parametri del motore e della centralina, limitando le prestazioni e – di conseguenza – le emissioni di NOx (gli ossidi di azoto), beh allora è chiaro che questa volta i cari tedeschi l’hanno fatta grossa.
Già perché se proprio loro, i moralizzatori del Vecchio Continente, rispettosi delle standard e dei vincoli europei, ammettono quasi candidamente di aver “truccato” circa 11 milioni di esemplari di automobili sparse in tutto il mondo, beh allora mi chiedo come potranno continuare a bacchettare gli altri Stati dell’Unione.
Aldilà della meschina rivalità campanilistica, è opportuno chiedersi cosa accadrà nel prossimo futuro e quale sarà il destino del colosso teutonico?
Innanzitutto va premesso che, con il proprio marchio, il gruppo Volkswagen controlla Audi, Seat, Skoda, Bentley, Bugatti, Lamborghini, Porsche, Ducati e Scania, oltre ad avere partecipazioni e interesse in innumerevoli altri settori. Inoltre il gruppo dà lavoro ad oltre 600 mila dipendenti (di cui migliaia italiani) e procura ingenti dividendi allo Stato Tedesco, che, nonostante abbia prontamente smentito ogni coinvolgimento nell’illecito, rappresenta, ancor oggi, uno dei maggiori azionisti dell’azienda; è chiaro, dunque che Volkswagen, insomma, non può e non deve fallire, anche per il bene dell’economia Continentale.
Ma quali saranno quindi i risvolti negativi?
In primo luogo un crollo verticale dei titoli azionari quotati in borsa (nei primi due giorni si è registrato un -16%); secondariamente, l’ammissione della frode da parte della casa tedesca è il preludio alla multa da parte degli Stati Uniti che, tenendo conto dei 37.500 dollari esigibili per ogni veicolo modificato, potrebbe arrivare a 18 miliardi di dollari, senza escludere che gli stessi scenari potrebbero prospettarsi, a breve, anche anche in Europa. Volkswagen rischia, inoltre, una incriminazione da parte del Dipartimento di Giustizia americano per violazione delle norme antismog alla quale si aggiungeranno le, già annunciate, class actions da parte dei consumatori e degli azionisti, sia negli Usa che in Europa.
Ma, in concreto, quanto è stato danneggiato l’ambiente?
Il Guardian ha stimato che l’inganno della VW abbia prodotto quasi 1 milione di tonnellate di emissioni di NOx all’anno – più o meno «quante ne producono tutte le centrali elettriche, le auto, le industrie e l’agricoltura del Regno Unito» – e ciò solo negli Stati Uniti, dove le auto diesel sono circa il 3% dei veicoli privati; lascio alla vostra immaginazione i disastri che possa aver causato in Europa dove le auto diesel sono circa la metà del totale.
È pur vero che molti esperti che sostengono che lo scandalo del colosso Sassone abbia scoperchiato un vaso di Pandora nel settore dell’automotive, infatti, le prestazioni promesse dai sistemi anti-inquinamento delle varie case automobilistiche appaiano quanto meno sospette.
Insomma, per concludere, dobbiamo ammetterlo non sempre vale il detto Italians do it better …per fortuna.