Diritto all’oblio sul web, arriva un secco no dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.
Sul diritto del singolo di chiedere la definitiva cancellazione di una notizia che lo riguarda, ritenuta diffamatoria, dagli archivi dei giornali e quindi anche dalle pagine web la posizione del Cedu di Strasburgo è che, per principio almeno, non bisogna cancellare nulla dal web.
A questa sentenza si è associata prontamente la Federazione Nazionale Stampa Italia (FNSI) che definisce i dati archiviati sul web “beni da proteggere, necessari per le ricerche storiche e per il valore educativo che rivestono.”
A rivolgersi alla corte era stato un uomo d’affari ucraino, residente in Germania, citato in un articolo del New York Times nel quale il giornalista ne aveva evidenziato i rapporti con la criminalità. Sul piano interno, il manager non aveva ottenuto alcun seguito alle sue istanze. Si è così rivolto alla Corte europea ritenendo che la Germania avesse violato l’articolo 8 della Convenzione che assicura il diritto al rispetto della vita privata nel quale è inclusa la tutela della reputazione. Il cittadino ucraino invece ha visto negato il diritto all’oblio dai giudici di Strasburgo.
Secondo la Corte, la libertà di stampa deve prevalere sul diritto alla reputazione per diversi motivi, primo dei quali la necessità di proteggere gli archivi dei giornali e conservarli per i posteri.
Il paradosso è che in Italia si va esattamente nella direzione opposta, perché al Senato, nei giorni scorsi è stato annunciato un emendamento nel disegno di legge sulla diffamazione, che vuole incaricare il Garante della Privacy di decidere sulle notizie ritenute diffamatorie da cancellare, anche in assenza di un condanna definitiva.
Un frittata italiana, la solita…