È assurdo che nel 2015, l’era delle unioni civili, del gender, dove l’uguaglianza tra i sessi sembra un obiettivo già raggiunto da tempo; l’era in cui si cerca di promuovere le differenze tra uomo e donna, perché si, i due generi non sono uguali, nel senso che hanno biologicamente caratteristiche e modalità di espressione diverse; dove la diversitá (non disparità) é una risorsa perché avere gli stessi diritti sembra ormai dato per scontato, si debba ancora ricordare ai “cari datori di lavoro” che la sfera personale, non è un argomento da indagare durante un colloquio di lavoro, né un fattore determinante nella scelta dei propri dipendenti.. e non lo dico io, ma l’art. 8 dello Statuto dei lavoratori e le direttive comunitarie sulle pari opportunità recepite dal nostro ordinamento.
Invece pochi giorni fa, su Facebook, una giovane fotografa, Paola Filippini, ha raccontato la sua pessima esperienza con un titolare di un’agenzia immobiliare, che invece di sondare le competenze della ragazza, aveva un obiettivo principale: conoscere la vita privata dell’esaminata.
Il vero problema è che questa non è un’eccezione, ma è la normalitá nella quale molte donne si ritrovano, durante la ricerca del proprio lavoro, (soprattutto quando la posizione ricercata è di grado elevato).
La novità sta nel fatto che questa ragazza si è rifiutata di rispondere ed è quindi stata invitata ad “alzarsi dalla sedia e accomodarsi fuori” per dare spazio a chi invece avrebbe risposto alle domande poste dal datore di lavoro e quasi sicuramente nel modo in cui egli si auspicava.
Lo sfogo di Paola su Facebook ha poi registrato un’ampia diffusione, a dimostrazione che il suo non è un caso isolato.
Questo tema é stato affrontato anche dal Papa, che ha detto, parlando della crisi della famiglia e del matrimonio: “non è vero che ciò accade per l’emancipazione della donna. Questa è un’ingiuria, una forma di maschilismo” e ha aggiunto ” perché si da per scontato che la donna debba guadagnare meno dell’uomo?.. La disparità tra i sessi é un puro scandalo!”.