Lo stato di salute del dottorato in Italia è preoccupante. Afferma proprio così l’Adi, l’Associazione Dottorandi Italiani, durante la conferenza avvenuta pochi giorni fa dal titolo “La borsa e la vita: dignità e qualità del dottorato in Italia”.
In questi ultimi 10 anni, le borse da assegnare sono diminuite del 44.5%, scendendo da 16.000 a circa 8.500 L’Italia è negli ultimi posti della classifica europea per il numero di dottori di ricerca ogni 1000 abitanti. È senza soluzione, almeno per ora, il problema del dottorato senza borsa. Ogni anno, circa 1.600 dottorandi non vengono retribuiti Eppure, hanno stessi diritti e doveri dei colleghi “stipendisti”. In più, ad aggravare le cose, a causa di un importo minimo della borsa fermo ai livelli del 2008, e sensibilmente inferiore al minimale contributivo INPS, dal 2013 è possibile per gli atenei imporre una tassazione per i dottorandi borsisti.
L’Università di Trieste per esempio, ha imposto dal 2016 una tassa di iscrizione di 300 euro su tutti i dottorandi vincitori di borsa di studio. Avendo eliminato la fasciazione ISEE-U, tutti i dottorandi borsisti, compresi i colleghi con reddito molto basso, saranno costretti a pagare la stessa cifra. E si esige il pagamento della tassa di iscrizone anche dai dottorandi non borsisti, che a norma di legge sono esenti!
L’Università Mediterranea di Reggio Calabria invece ha graduato la tassa di iscrizione al dottorato “su 41 fasce ISEE, secondo lo stesso schema applicato per gli studenti, e varia da un minimo di 561.29 euro ad un massimo di 2321.29 euro”. – si legge sul sito dell’Adi- I borsisti che non accederanno alla riduzione ISEE dovranno pagare una tassa pari a due mensilità della propria borsa di studio. Si tratta di iniziare a percepire un compenso per un lavoro che inizia il primo gennaio solo dalla seconda settimana di marzo.
E ci sono tantissimi altri casi.
La vicenda della “tassa sul talento” è cominciata l’8 febbario 2013, quando il Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca (MIUR) varò il nuovo decreto ministeriale sul dottorato di ricerca (DM 45/2013). Tra le disposizioni finali del DM 45/2013, il MIUR dispone l‘abrogazione del precedente decreto sul dottorato (DM 224/99), che, all’art.7 comma 3 prevedeva l’obbligo di esonero dalla contribuzione per l’accesso e la frequenza ai corsi per i titolari di borsa di studio. In questo modo, gli atenei sono stati lasciati liberi di decidere, in piena autonomia, se esigere o meno un contributo dai dottorandi borsisti.
“In primo luogo è necessaria l’abolizione della tassazione sui dottorandi borsisti, alla quale sempre più atenei, pressati dal continuo taglio ai finanziamenti, stanno ricorrendo.” – ha dichiarato l’Adi in una nota – L’importo minimo della borsa di dottorato va poi aumentato e agganciato al minimale contributivo INPS, in maniera da garantire ai dottorandi il pieno riconoscimento dei contributi versati. Come misura minima, è senz’altro necessario un aumento della borsa per consentire il recupero della cifra persa a seguito dell’aumento dell’aliquota contributiva, passata in pochi anni dal 27% al 33%. Va garantito un budget per la mobilità all’estero per i dottorandi non borsisti, che attualmente ne sono sprovvisti. Infine chiediamo al governo di superare completamente il dottorato senza borsa, coprendo tutti i posti a bando con una borsa di studio”.