Dopo tanto clamore mediatico alla fine Marino si è dimesso – seppur provvisoriamente (avendo precisato che la legge gli concede ulteriori 20 giorni di tempo per tornare sui suoi passi)-.
Pochi i meriti e tanti i demeriti (forse di più di quelli reali) attribuitigli in questi in questi 2 anni da sindaco. Insediatosi nel giugno 2013, durante una forte ondata elettorale di centro-sinistra, Marino era cosciente di poter sedere sullo scranno più alto del Campidoglio per i successivi 5 (o forse 10) anni, riportando Roma ai suoi antichi fasti e rilanciando un modello di legalità seppellito dalla Giunta del suo predecessore Alemanno.
Il dott. Marino ha resistito per mesi, e lo ha fatto strenuamente, ai continui attacchi di una minoranza Pentastellata che, come la plebe durante la Res Publica, ha lanciato fendenti fino a quando le prove di una mala gestio non fossero divenute schiaccianti e la maggioranza in Consiglio talmente risicata da costringerlo, onde evitare una rovinosa caduta politica, ad un’uscita di scena a testa alta, con un discorso che surrettiziamente paventa anni bui per Roma.
Oggi, i giudizi sul suo operato sarebbero troppo frettolosi, troppo a caldo per risultare imparziali. Troppi i fans che lo venerano come un martire, vittima dei poteri forti capitolini, ed altrettanti i critici che lo ritengono un utile idiota passato alla storia più per i suoi clamorosi infortuni che per i suoi successi. Certo come recitava l’Andreotti di Sorrentino, durante l’intervista di Scalfari, la situazione è un po’ più complessa.
Per ora ci si deve soffermare sulla cronaca, e questa parla di una figura complessa che del paradosso pare abbia fatto una ragione di vita: successi professionali di livello mondiale, alternati a gaffe degne del miglior Pierino. Si tratta, per intenderci, di un individuo che mentre effettua il primo trapianto di organo su un paziente sieropositivo, viene “allontanato” dall’Università di Pittsburgh per dei rimborsi ricevuti; che mentre fa pulizia nelle aziende municipalizzate romane, paga le cene personali con la carta di credito del Comune; ed ancora, uno che nel momento in cui si batte a suon di ricorsi per la pedonalizzazione del Tridente Roma, fa cancellare delle multe a suo carico per aver parcheggiato la sua Panda rossa in centro e priva del permesso per le ZTL.
Certo la campagna denigratoria nei suoi confronti è stata serrata, interrotta solo dalla breve tregua dettata dal terremoto Mafia Capitale, ma se poi a suscitare nuove polemiche ci si mette pure Sua Santità da Philadelphia, beh allora sì che il suo mandato giunge al capolinea. A ciò si aggiunga che, mentre le opposizioni lo massacrano, il suo PD (per la cui Segreteria non dimentichiamo si candidò alle primarie) un giorno pare beatificarlo per aver debellato il malaffare e il giorno dopo lo schernisce pubblicamente.
Insomma, la corsa per Marino è finita ed ora è tempo di preparare una nuova battaglia elettorale per una primavera 2016, che si preannuncia incandescente. Le opposizioni devono dimostrare, dopo tutti questi da leoni, di saper reggere il peso del Governo di una città come Roma, e chissà che Di Battista (così per fare un nome) non diventi il primo sindaco Cinquestelle di Roma Capitale.