Lo ammetto, quando ho deciso di andare a vedere Spectre al cinema, ero pieno di pregiudizi. Avevo ancora l’amaro in bocca lasciatomi da Skyfall: un film triste e noioso, insomma, non un Bond. E poi ero anche molto scocciato a causa del “Biscottone spagnolo“. Ed invece, il secondo titolo della saga firmato dal regista Sam Mendes, è riuscito – in parte – a farmi ricredere. O meglio, è riuscito a non deludermi del tutto.
La buona notizia è che il ventiquattresimo titolo sul personaggio ideato da Ian Fleming riesce, tutto sommato, ad essere un Bond. Per intenderci, non raggiunge certo il livello di cult quali “Dalla Russia con amore“, “Vivi e lascia morire” o “L’uomo dalla pistola d’oro” (i preferiti dal sottoscritto) ma vi dirò che Spectre ha il suo perché: nonostante una fotografia che qualche volta lascia a desiderare – le lenti della cinepresa sono un po’ troppo chiare in alcune scene ed alcune sequenze risultano troppo lunghe per poter accaparrare la totale attenzione dello spettatore – la scenografia non è malvagia e vengono riproposti, fortunatamente, alcuni degli aspetti caratterizzanti l’iconico agente segreto.
Si tratta di una bella storia, insomma. James Bond stavolta parte da un videomessaggio lasciatogli “in eredità” da M e, dopo molti colpi di scena che lo portano dal Messico alla Nazione di Sua Maestà, passando per Roma e Tangeri, riesce ad affrontare e sconfiggere l’indiscusso capo (nonché suo fratellastro) di una tremenda organizzazione che viene dal passato (per l’appunto, la Spectre) e che stava dietro agli ultimi cattivi affrontati dal “Craig Bond”: Le Chiffre, Dominic Greene e Raoul Silva. Ovviamente non mancano al buon 007 le occasioni per sfoggiare le proprie innate doti da playboy (tra le malcapitate, stavolta, anche Monica Bellucci), così come non mancano i gadget super-tecnologici (simpatico e dal sapore molto vintage l’orologio/bomba, favolosa la nuova Aston Martin DB 10) e gli improbabili quanto adrenalinici inseguimenti. Il tutto condito dalla classica e tagliente ironia dell’agente segreto al servizio di Sua Maestà, anche se, a tal riguardo, devo dire che Daniel Craig non è proprio l’attore più adatto allo scopo.
A proposito, questo dovrebbe essere il suo ultimo Bond. Già ci si chiede, infatti, chi sarà il suo successore. Pare che toccherá ad Hugh Jackman ma, ad ogni modo, di questo vi aggiornerò nei prossimi mesi. Per il momento vi dico che Spectre non mi è dispiaciuto e vi segnalo un paio di motivi per cui dovreste o non dovreste andare a vederlo. Arrivederci al prossimo film!
Perché andare a vederlo.
Perché, tutto sommato, vale il prezzo del biglietto (8€ in media nelle sale italiane). È un bel film, ha molto del vero Bond rispetto allo scorso titolo – di cui salverei solo la bella colonna sonora edita da Adele – e racconta una bella storia, con molti richiami al passato.
Perché non andare a vederlo.
Se siete dei puristi della saga, dei veri appassionati del personaggio ideato da Ian Fleming, resterete un po’ delusi da questo titolo: per quanto si sforzi di richiamare il classico personaggio, Sam Mendes non riesce a riprodurre tutte le caratteristiche di James Bond. Oltre ciò, Daniel Craig non ha propriamente il phisique du role. Troppo macho, spesso antipatico, dotato di poco aplomb. Infine, alcune sequenze sono un po troppo lunghe e tendono ad annoiare.