Un recente articolo de Il Post dal titolo eloquente e discutibile ci rivela che il “superfood“, cioè un alimento con doti salutistiche fuori dal comune, non esiste. È vero? L’articolo pone una questione interessante, ma la sviluppa con l’esigenza giornalistica di smentire falsi miti, perdendo di vista la verità, che come sempre sta nel mezzo.
L’articolo ci porta a pensare che molti benefici di alcuni vegetali in realtà non siano così rilevanti e non siano superiori a quelle di altri. Il ragionamento successivo è pensare che tutte le verdure siano uguali: questo non è vero.
Facciamo chiarezza. Tra una patata e un cappuccio rosso c’è una bella differenza. Soprattutto, è incontrovertibile che ci siano famiglie di vegetali che possiedono proprietà protettive più spiccate di altre. Le crucifere, per esempio, sono universalmente riconosciute come straordinarie verdure antitumorali e antiossidanti e consumarle con frequenza è certamente una buona abitudine. Equiparare le crucifere alla lattuga o alle carote, per esempio, non ha molto senso: io mi tengo stretto il broccolo! Che non vuol dire eliminare dal frigo le carote. Gli estremi sono nocivi e non è salutare consumare solo broccoli, evidentemente. Numerosi studi hanno dimostrato che la varietà è fondamentale, senza riuscire ancora a spiegare perché. Secondo molti biochimici nel nostro corpo avvengono miliardi di reazioni sinergiche di cui non siamo ancora a conoscenza e di conseguenza ignoriamo anche il valore di molte sostanze: ciò spiega perché moltissimi principi attivi dei vegetale perdano efficacia una volta isolati. Allo stesso tempo, però, gli studi hanno dimostrato come all’interno di un mix di vegetali, ne esistano alcuni che sviluppano effetti protettivi più marcati. Costruire la propria dieta attorno a essi è una strategia corretta. Per esemplificare, dire patate, carote, lattuga e cetrioli non è lo stesso che dire spinaci, cavolo cappuccio, rapa rossa e porri.
L’articolo de Il Post, per esempio, sminuisce il valore dei mirtilli, dicendo che gli antiossidanti in essi contenuti si possono trovare in tante altri frutti: è un’affermazione poco corretta. Per esempio, cento grammi di pesca hanno 4 volte meno antiossidanti dell’equivalente in mirtilli. La scienza ha dimostrato come il nostro corpo abbia un fabbisogno giornaliero di antiossidanti esogeni in grado di neutralizzare le scorie ossidative prodotte nel nostro organismo (tratteremo a breve i falsi miti sugli antiossidanti). I mirtilli, tra le tante proprietà, sono la frutta comune con il più alto contenuto di antiossidanti: non è un dettaglio irrilevante. Forse, però, è rilevante dire che le mele rosse, se mangiate con la buccia, hanno circa la metà del potere antiossidante dei mirtilli (1 vs. 0.55 la proporzione), ma con un decimo del costo al kilo.
Anche la quinoa (parente degli spinaci che ci ricorda il cous cous) non può essere considerata una bufala. Ha una caratteristica peculiare, è uno dei pochi alimenti di origine vegetale che contiene un profilo aminoacidico perfettamente equilibrato per il fabbisogno umano: nessun cereale al mondo ha questa caratteristica e la FAO l’ha individuato come un alimento strategico per garantire il sostentamento delle popolazioni povere del mondo. Se per le persone normali può essere una scelta da bio-gastrofighetti, per una persona con celiachia costituisce una possibilità molto nutritiva e digeribile.
Restiamo nel campo degli antiossidanti, che badate bene, non sono le uniche sostanze protettive. Il contenuto di antiossidanti varia parecchio da un vegetale all’altro. Non consumarne a sufficienza è un’eventualità molto comune con le diete moderne, per questo orientarsi verso le verdure che ne contengono di più è una scelta sensata. Il discorso è diverso se mangiate un kilo di minestrone al giorno: in quel caso arriverete al fabbisogno di antiossidanti senza grossi problemi. Ma quante persone consumano così tanta verdura?
Avevamo già analizzato uno studio americano che dimostra la protezione antiossidante di alcune verdure sulle cellule umane, dove si evince come la verdura più antiossidante (la rapa rossa) sia 4 volte più antiossidante delle carote, per esempio. Adesso, evitiamo gli estremismi: non è salutare mangiare solo rape rosse. Ma è incontrovertibile che ci sono vegetali più protettivi e consumarli spesso, negli anni, ha un maggior effetto protettivo sulle nostre cellule.
Più che del concetto di superfood, bisogna preoccuparsi soprattutto del grandissimo filone di superfood totalmente falsi, frutto di operazioni di marketing gestite ad arte. Una delle più pervasive degli ultimi anni è certamente la grande bufala dei semi di Chia, venduti a peso d’oro. In pochi, però, hanno spiegato ai consumatori che sugli scaffali dei super mercati c’erano già dei semi nutrizionalmente superiori e molto più economici. I semi di lino hanno un contenuto superiore di omega 3 e dei preziosissimi lignani, sostanze antitumorali e antiossidanti che i semi di lino contengono in quantità 700 volte superiori rispetto a molti vegetali. Ecco, i semi di lino sono un vero superfood: costano poco, nessuno li sta spingendo con incredibili pubblicità, e hanno anche la benedizione di Gandhi, che disse: “Ovunque i semi di lino divengano un cibo comune tra la gente, lì ci sarà una salute migliore”.
I superfood possono certamente avere, però, un effetto negativo, quando diventano un alibi per non adottare una vera dieta salutare. Non sono due, tre verdure a trasformare la nostra dieta in una dieta salutare, questo è bene saperlo. Allo stesso tempo, però, in una dieta variegata basata sui vegetali, consumare con maggior frequenza certi cibi ha un senso scientifico. Viva i superfood, quelli veri.