Gran Premio della Malesia. Settimo giro. Una curva a sinistra, una a destra. La Yamaha numero 46 ha il lato interno della pista. La Honda numero 93 ha quello esterno ma tenta comunque il sorpasso. La Yamaha si allarga: vuol tenere la propria posizione. Una manovra che farebbe ogni pilota. Sono solo pochi istanti. Il numero 46 lancia una prima occhiataccia al numero 93. Una seconda. Poi il caos: il pilota della Honda va a toccare col proprio casco lo stinco sinistro di quello della Yamaha che reagisce alzando la gamba. La Honda va in terra, la Yamaha prosegue la propria corsa che terminerà sul gradino più basso del podio.
Tutti voi sapete di cosa stiamo parlando: del contatto Marquez/Rossi che rischia di costare il mondiale a quest’ultimo. Ma se aveste letto in modo sterile ed imparziale i fatti accaduti nel corso della penultima gara della MotoGP 2015, badando soltanto allo spettacolo offerto da due moto in gara, a chi avreste dato ragione?
Già, perché essere una leggenda ha il suo peso. Rossi è stato incolpato di essere Rossi. È stato incolpato di essere “vecchio” e di guardare con invidia al giovane campioncino spagnolo. Come se ciò fosse sufficiente a decretarne le colpe. O come se uno che vince 9 mondiali, arrivando a giocarsi il decimo all’ultima gara della stagione – nonostante i 36 anni compiuti – avrebbe qualcosa da invidiare a qualcuno.
No caro Marquez, non basta andar giù per terra e correre a frignare dinanzi alle telecamere per cancellare una leggenda. Non basta scatenare un polverone su nulla – già, perché quel calcio lo hai visto soltanto tu, chiunque abbia vissuto anche solo per poco tempo l’emozione delle competizioni motoristiche sa bene che stiamo parlando di un contatto di gara, da te cercato a tutti i costi, peraltro, da te bramato da ben prima della partenza del GP di Malesia – per cancellare i successi di chi ti è sempre stato e sempre sarà superiore sportivamente e… forse non solo.
Non basta essere spagnoli in un mondo gestito da spagnoli – già, perché la DORNA, società che organizza il Motomondiale, è una società spagnola e l’unico antagonista del Dottore di Tavullia nella vittoria di questo mondiale è, guardacaso, spagnolo come Marquez – per poter gridare allo scandalo. Impara a vincere in pista, impara ad accettare i risultati di gara, caro Marquez. Soltanto così potrai diventare un campione. Un campione vive dei propri successi, non delle sconfitte altrui.
E solo tre cose sono certe adesso. La prima è che tu non sei – o perlomeno non lo sei ancora – un campione. La seconda è che Valentino Rossi è una leggenda. La terza è che, nonostante la penalizzazione che sei riuscito a far comminare al Dottore, l’8 novembre a Valencia lui mollerà soltanto all’ultimo millimetro dell’ultimo giro di gara.
Hola a todos allora. Ci vediamo a Valencia!